Un sentiero tra le rocce, il Corbellini

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         20 giu 2020 07:17
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UN SENTIERO TRA LE ROCCE,
IL "CORBELLINI"

La parola montagna, trascritta nella realtà, trova sul terreno una moltitudine di varianti la cui definizione e contestualizzazione risultano, quantomeno, problematiche.
Ognuno ha la sua visione di cosa rappresentino per lui le terre alte. Pensieri spesso profondi, parti della propria persona si ritrovano su quelle rocce là in alto o servono proprio quelle rocce a farlo stare bene. 

Libertà, fuga, emozione, benessere, purezza, fatica sono sinonimi dello stesso sentimento. È quindi una sfera decisamente personale e romantica, un mondo di certezze e dubbi a cui ognuno, in cuor suo, sa dare giusta collocazione.

Il mio modo di andare in montagna è sempre stato molto democratico rispettando tutte le esperienze che hanno costruito il mio essere montanaro. Come tanti ho cominciato con semplici passeggiate assieme alla mia famiglia, visitando malghe e comode dorsali, seguite dalle cime più semplici da raggiungere. Conquistate le sommità conquistabili, ho volto lo sguardo a quelle che richiedevano una spinta maggiore d’entusiasmo, un impegno più profondo. Ho così iniziato ad accarezzare con le mani le verticalità delle montagne del Friuli salendone le numerose ferrate ed arrampicandomi, infine, su pareti e vuoti con la sola corda legata alla vita.
Vari gradi di una lunga storia d’amore che mi accomuna ai tanti che camminano sentieri o stringono pareti.


È per questo che non disdegno mai le mie origini alpestri e conservo per il trekking o le vie ferrate lo stesso sentimento che provo scalando le pareti più scoscese. 

La prima camminata, la prima cima, la prima ferrata, la prima parete... Step di un percorso di soddisfazioni nell’ambiente più congeniale a tanti.
Pensieri che affollano la mente mentre ascendo dalla località di Culzei in valle Pesarina verso il passo Siera, valico di comunicazione verso la conca di Sappada. I miei passi su questa strada salgono costanti diretti alla piccola malga che più su, qualcuno, ha deciso di non lasciare ad un destino di abbandono riportandola ai vecchi fasti.  
Ecco perché oggi sono qui. Perché questo percorso ha fatto parte del mio passato e voglio lo sia anche del mio futuro. Un itinerario che desidero consigliare a chi crede che accarezzare le montagne sia il passo successivo della sua crescita personale in quota, dopo l’escursionismo.

Il sentiero Corbellini, che comincia nei pressi del passo Siera, non è un sentiero qualunque perché attrezzato ed unico nel suo genere in tutte le Alpi carniche e non solo. Un percorso che sta in bilico tra l’escursionismo e l’alpinismo accompagnando lungo versanti poco conosciuti in quel pianeta a sé stante che sono le Dolomiti pesarine. Un “viaggio” particolarmente affascinante e spregiudicato per l’ingegno che i valligiani ebbero nel suo compimento. Questo percorso attrezzato, concretizzatosi negli anni 20, vide un impiego incredibile di energie per la sua realizzazione: quattro anni di lavoro richiesto agli abitanti del fondovalle, centinaia le mine utilizzate come centinaia i metri attrezzati con cavi, passerelle e scalette, 4000m di sviluppo di cui 1200 scavati totalmente nella roccia.

Percorrere questo itinerario diventa quindi, oltre che modo migliore per conoscere questi versanti della dorsale di Rio Bianco e Culzei, un salto addietro nella storia. I sacrifici e gli sforzi di allora sono immaginabili percorrendo queste cenge a picco sui boschi sottostanti, pertugi di passaggio ricavati tra profondi canaloni e altissime pareti, dove la natura selvaggia è più viva che mai. 
Versanti dove trattenere il fiato e passare nel concerto di torrenti e grilli che friniscono al cielo. Tratti attrezzati si alternano a dorsali di prato dai fili lunghi e regolari che fanno sentire pulce in movimento sulla groppa di un immenso animale verde. 
La potenza della natura, qui, pervade e ingloba. 

Il tracciato diventa un filo di Arianna guidando nel dedalo di questi versanti giovani e franosi, alternando scalette e corrimano a camminamenti strappati alle pareti ad un passo dalla gravità che si inghiotte i ghiaioni.
Un percorso che concede la fortuna di poter passare dove, senza l’utopia di quei valligiani, regnerebbe la profonda natura selvaggia delle Dolomiti Pesarine.

Montagne fuori dalla folla, di una bellezza struggente.
I passaggi si susseguono tra canali incassati che scavano le viscere della montagna, acque che gorgogliano verso valle, boschi pensili dove l’incontro con la fauna selvatica è tutt’altro che casuale.
Le fatiche terminano al rifugio De Gasperi, ultima sentinella della valle dove l’accoglienza e il calore umano danno benvenuto e conforto al viandante che, stanco, ha la fortuna di godersi da questo balcone panoramico un punto di vista unico sulla Carnia, una veduta che s’imprimerà a fondo nei pensieri così come il sentiero appena percorso.
La discesa al fondovalle è un sentiero di canali, di vecchi pascoli e boschi.

Un dolce modo di tornare alla quotidianità, un arrivederci scritto con la mole della Creta di Mimoias che sorveglia dall’alto l’immobilità della valle Pesarina, detta anche la valle del tempo.

Omar Gubeila



Percorso indicativo - Google Earth


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