La Carnia raccontata da voi | Febbraio

Arta Terme

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         04 mar 2025 19:44
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La Carnia raccontata da voi | Febbraio


Il Filo delle Storie è lo spazio dedicato ai racconti di chi ha vissuto queste montagne o sogna di farlo. Scopri le esperienze condivise dai lettori della newsletter e lasciati ispirare dalla magia della Carnia.


Ci sono luoghi che parlano attraverso la voce di chi li ha vissuti, sentieri che si intrecciano con ricordi, tradizioni e incontri.
Il Filo delle Storie nasce proprio per questo: per raccogliere e custodire le emozioni di chi ha attraversato la Carnia, lasciandosi sorprendere dalla sua bellezza autentica.


Ogni mese nella newsletter che condividiamo con i nostri lettori, un nuovo tema ci guida in questo viaggio collettivo, fatto di racconti, immagini e parole che danno vita a una mappa di emozioni condivise. Chi ha già camminato tra questi boschi o assaporato la quiete delle montagne ci regala un frammento della sua esperienza. Chi ancora sogna di venire, può lasciarsi trasportare e immaginare il proprio viaggio attraverso le storie di chi c’è stato.


In questa raccolta troverai ciò che i lettori della nostra newsletter hanno voluto condividere: piccoli tasselli di un grande mosaico che si rinnova mese dopo mese. Ti invitiamo a immergerti in questi racconti e, se vorrai, a farne parte anche tu.


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Febbraio: tutto l'amore per le nostre montagne


Sabina

Negli ultimi anni ho frequentato più volte la zona da Arta Terme a Timau trovando sempre qualcosa di diverso.
Sono innamorata della montagna, la Carnia riesce a trasmettermi quell'amore che non vedo l'ora di ritrovare ogni volta.
Lo ritrovo attraverso le persone, che ti fanno sentire a casa; attraverso i luoghi di una bellezza straordinaria; attraverso la storia che fa capire quanto i carnici amino la loro terra.
Mi chiedono perché ci ritorno ma non c'è una risposta pratica, è semplicemente desiderio.






Maddalena

Da piccola, la domenica era sempre il giorno del “giretto”. Papà non lavorava e così, anche con la mamma e mio fratello più piccolo, si partiva dalla pianura friulana senza una meta precisa. “Vediamo dove ci porta la macchina” diceva papà, e io ci credevo davvero!

Quella macchina ci portava spesso in montagna, senza prendere l’autostrada, ma attraversando paese dopo paese fino ai piedi delle nostre montagne, quelle carniche. Qui ogni volta c’era qualcosa di nuovo da scoprire: un prato perfetto per un picnic all’aria aperta, un torrente gelido in cui immergere i piedi, una cascata nascosta, gli stavoli e le malghe con i loro profumi di fieno e legna, le feste di paese con i sapori e le musiche della tradizione. E poi i fiori, le piante, le mucche al pascolo…tante cose nuove da vedere, tante storie diverse da imparare.

Così, senza quasi accorgermene, dire Carnia significava dire “le mie montagne”. Anche da adolescente, quando non si facevano più i "giretti" della domenica con la famiglia, ma si stava al bar con gli amici, il pensiero a volte andava lassù, a quelle montagne tanto vicine e tanto lontane.


Oggi, poco più che trentenne, scrivo queste parole proprio da qui, da un appartamento nel cuore delle Alpi Carniche, dove vivo con il mio ragazzo...un cjargnel! Chi l’avrebbe mai detto che, dopo tanti "giretti", quelle "mie montagne" sarebbero diventate davvero casa?




E infine Erica, con la sua storia vincitrice per il mese di febbraio.

Io amo le mie montagne.
Dove abitavo da piccola era tutto piatto; alzando lo sguardo vedevo alte palazzine e basta. Le montagne erano in Carnia, lontane, e io seduta al banco della scuola elementare le pensavo fissando la cartina dell'Italia alla mia destra, lì dove c'era il Friuli e ancora un pò più sù verso quasi il confine..."Sua figlia è molto brava, ma spesso si incanta a guardare altrove" diceva la maestra a mia madre, e questa semplice frase si è stampata nella mia memoria perché coglieva un bisogno molto profondo, pur senza che né io né loro adulte ne fossimo consapevoli. La cartina mi aiutava a connettermi e a rendere meno dura l'attesa del ritorno.
Le montagne erano anche l'ultima immagine dal finestrino della 127 gialla mentre la nostalgia mi si annodava in gola nel momento dell'addio, all'imbocco della galleria.
Cosa rappresentavano le montagne per me l'ho capito molto più tardi: erano e sono il mio senso delle radici familiari, del contenimento sicuro e della connessione con la natura, elementi che danno significato alla mia esistenza. Le montagne di cemento erano invece per me vacue, vuote e fredde di solitudine.
Ora vivo tra le montagne, pur non scalandole, né facendo gli sport invernali: per me va bene trovarle davanti a me al mattino e salutarle la sera, godere dei loro colori e profumi e sentirle compagne della mia vita e delle vite che verranno dopo di me. Finalmente non sento più lo strappo della nostalgia, perché ho trovato quel posto che per me è "casa" e che auguro a tutti di poter trovare.


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