GOCCE DI BORDAGLIA
Ci sono luoghi, nella vita di ognuno, che distano solo un’idea dall’essere chiamati “casa”. Luoghi che non necessariamente frequenti spesso, ma che ti aspettano comunque. Luoghi dove sai che un posticino alla fine per te c’è sempre, magari solo un piccolo prato in cui sederti, circondato dalle radici di larici secolari che tramandano il ricordo di quello che fu in certi luoghi. Noi montanari non chiediamo molto in fin dei conti per stare bene e sentire di essere parte di tutto ciò, anche solo per un attimo, il tempo di una salita.
Salgo quindi oggi alla volta di una delle mete più gettonate delle montagne del Friuli, l’oasi di Bordaglia. Un contesto di grigie pareti che sovrastano dorsali rossastre, su bacini ininterrotti di verdi praterie, ghiaie millenarie e mughete prostrate. E due gocce d’acqua spettacolari che si sono fatte lago dove la terra sfiora il cielo.
Il linguaggio della montagna quassù è schietto e diretto per chi la sa ascoltare. Parla con l’umidità del sottobosco, con le acque scroscianti che si gettano nella forra del Rio Bordaglia, con le foglie che il vento dispettoso del nord continua a staccare dagli alberi spogli dell’autunno, superstiti della tempesta VAIA che li scosse fin dentro le radici.
Salgo ancora, conscio che la perla della zona è racchiusa in una conca oltre questi boschi, verso quota 1.800 mt. Una perla che si svela all’ultimo, nascosta dal sipario di larici che nelle giornate d’autunno sfavillano di colori caldi come fossero un rimasuglio d’estate a infuocare i versanti.
Questa è un po’ casa, lo dicono i miei occhi e la mia anima.
Potrei stare qui ore ed ore a guardarmi attorno senza voler altro ma oggi ho ancora un desiderio, quello di salire al vicino bacino del lago Pera.
Miro verso le ghiaie rosse della creta di Bordaglia che il vento del Nord oggi ha imbiancato ed incrostato di ghiaccio, un elemento che amo e mi fa stare bene. Autunno e inverno mi accompagnano a lato del sentiero. Gli estremi si toccano in questa linea immaginaria, come cent’anni fa un confine indefinibile divideva italiani e austroungarici che qui si fronteggiavano con fucili e granate.
Da quassù, alto sul traverso con il lago ai miei piedi, guardo quello che mi circonda e non posso esimermi dal pensare che se fossi stanco un giorno di camminare alture mi fermerei qui, dove gli occhi non sono mai stati saziati da quest’intorno. Mi siederei su di un sasso in riva al mare della tranquillità, a contare gli aghi dei larici che in cielo si stringono ai primi fiocchi dell’inverno.
Aspetterei così, guardando nuvole dense sfaldarsi e rincorrersi tra le cime, con il vento musicista tra i rami dei mughi di quassù. Credo che Bordaglia sarebbe il posto perfetto.
Nel mio procedere, ora in discesa, incrocio altre gocce d’acqua che si sono fatte specchio: il lago Pera. Un’atmosfera di nebbie che si sfilacciano in tutte le direzioni rende la percorrenza particolarmente remunerativa, come scrivono in certi libri.
Scenderò attraverso il vallone di Sissanis, luogo in cui il silenzio della montagna è interrotto dalla voce del ruscello che si immette nel torrente Degano, oltre la stretta di Fleons. La goccia di Carnia, acqua minerale bevuta in tutto il mondo, nasce qui sotto ai miei piedi, scorrendo tra queste rocce e raccogliendone le essenze.
La malga Sissanis oramai è lo scheletro di sé stessa e di quanto fu. La montagna si sta riappropriando degli spazi contesi per secoli con i valligiani, è lei che comanda.
Rientro all’automobile rigettandomi a capofitto nell’umidità del fondovalle fornese. L’autunno ha le ore contate, il grande freddo è alle porte e Bordaglia gelerà le sue gocce sino a primavera, ma va bene così, c’è un tempo giusto per tutto.
Perché c’è chi dentro è fatto di neve, di roccia, di solitudine.
Omar Gubeila
Percorso indicativo - Google Earth